Attenzione: in questo articolo si svelano punti salienti della trama del film “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese. Se non lo avete ancora visto…FATELO!
“Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.”
Mark Twain
Ho visto in questi giorni il film di Paolo Genovese “Perfetti sconosciuti” e l’ho trovato delizioso!
Cena tra amici, eclissi di luna, smartphone e segreti: è questo il mix sapientemente costruito dal regista, quasi come fosse una pièce teatrale dove non esistono troppi cambi di scena, ma il filo conduttore è “solo” la storia e la vita dei personaggi.
A sconvolgere una delle tante tranquille serate fatte di buon cibo e chiacchiere, è la proposta di un gioco, un gioco divertente e stuzzicante ma al tempo stesso rischioso e colmo di incertezze: tutti i telefoni dei protagonisti, da quel momento in poi, diventano di pubblico dominio di tutti i commensali. Nessun segreto, nessun filtro, nessuna possibilità di cambiare le carte in tavola.
Tuttavia Lele (Valerio Mastandrea) riesce, d’accordo con l’amico Peppe (Giuseppe Battiston), a scambiare il suo telefonino, in vista di una foto “piccante” che sarebbe arrivata da lì a poco. Le cose si complicano quando sullo smartphone di Peppe arrivano dei messaggi di un uomo che rivela l’omosessualità del possessore. Lele, all’inizio in evidente difficoltà e preso dall’ansia di dimostrare la propria “mascolinità”, guardando la reazione dei suoi amici, in particolare di Cosimo (Edoardo Leo), comincia a “stare al gioco”.
Questo è uno stralcio della conversazione che, a mio avviso, è molto significativa:
Cosimo: Non ci ha detto un cazzo per vent’anni evidentemente non ha voglia di parlare!
Lele: Ma ti dovevo dire che?
Cosimo: Che mi dovevi dire??? Siamo amici da quando eravamo ragazzini, ma mi vuoi dire chi sei?
Peppe: E’ sempre lui! Non è mica cambiato, è quello a cui hai raccontato i cazzi tuoi, quello con cui hai diviso tutto!
Cosimo: E tutto tutto non mi pare Peppe, ha omesso un piccolissimo dettaglio e forse me lo doveva dire!
Lele: Ah, te lo dovevo dire? E perché?
Cosimo: Perché abbiamo dormito insieme, ci siamo fatti la doccia insieme, perché se il mio migliore amico è frocio lo voglio sapere! Poi magari decido che mi va bene lo stesso, ma lo voglio sapere, che cazzo!
Lele: Poi magari decido che mi va bene lo stesso? Oh, ma ti senti? Ti rendi conto di quello che hai detto?
Cosimo: A Lele, renditi conto tu di quello che non mi hai detto!
Peppe: si può sapere qual è il problema?
Lele. No, no lo voglio chiedere io qual è il problema! Fammi capire, ma a te ti rode il culo perché sono frocio o perché non t’ho detto che sono frocio?
Rocco (Marco Giallini): Comunque stai esagerando Cosimo!
Cosimo: Vabbè, se per voi è tutto normale, vuol dire che il problema è solo nella testa mia! Va bene così! A posto! So esagerato! Ho sbagliato io! Scusate!
Lele. No, no mi sa che ho sbagliato io, ho sbagliato io a pensare che eravamo amici!
Prima di vedere questo film, ho ascoltato i commenti delle persone che già avevano avuto questo piacere e il “mood” di fondo sosteneva la teoria: “questi cellulari ci hanno rovinato!” In effetti questa pellicola ha in sé un inganno, un facile inganno in cui lo spettatore potrebbe cadere: vedere nella tecnologia l’Idra a nove teste che ci avvelena, spostando la responsabilità di ogni cosa sul mostro lontano da noi! Forse il punto focale e la riflessione da cui partire è un’altra: “quanto siamo disposti a guardare dritto negli occhi i segreti, le debolezze, le “oscurità” dell’altro dovendo, a quel punto, necessariamente fare i conti anche con le nostre?” e, “quanto saremmo orientati a annullare ogni giudizio, mettendo invece in discussione il nostro mondo e quello che fino a quel momento abbiamo visto come perfetto!” E se Cosimo invece di chiedere a Lele “perché non me lo hai detto?” avesse chiesto a se stesso “se lo avessi saputo, perché sarebbe cambiato qualcosa?”
Scoprire i lati bui di chi ci sta accanto ci mette di fronte alla inevitabile certezza di non avere il completo controllo, di essere vulnerabili e raggiungibili dall’imprevedibile e soprattutto ci costringe anche a fare i conti con la nostra parte poco illuminata. Cresce la paura, l’insicurezza e la possibilità che il mondo che finora era quello che avevamo costruito nella nostra testa, crolli miseramente. Quindi molto più rassicurante “occhio non vede e cuore non duole”, perché se sapessimo tutto, ma proprio tutto tutto, cosa accadrebbe dentro di noi? Che cosa potrebbe essere messo in dubbio? Quali scelte difficili dovremmo essere pronti a prendere?
Lo smartphone, in questa storia, è un intermediario, un mezzo che ha consentito lo svelarsi dei veri mondi dei protagonisti, senza ipocrisie ma con la consapevolezza che ognuno di noi convive con i propri segreti e sa che guardando più intimamente il lato brillante della propria luna potrebbe far caso a uno spicchio oscuro sapientemente nascosto.
Articolo di MARIA ZURZOLO
Psicologa – Psicoterapeuta – Sessuologa – Terapeuta EMDR
maria.zurzolo@libero.it